Close

Questo sito utilizza cookie. Potete leggere come vengono usati nella Privacy Policy.

Luoghi Storici

Ruderi a Bricco Castello

Sulle pendici di Bricco Castello o Bricco Miroglio sopravvivono alcuni resti murari spesso impropriamente attribuiti all'antico castello dei Miroglio. I resti, appartenenti in realtà ad un forte difensivo, si dividono in due distinte parti, la prima, abbastanza agilmente raggiungibile dal sentiero segnato dai cartelli, presenta l'angolo di due mura in mattoni, con piccole finestrelle quadrate, forse utilizzate per sistemi difensivi. Le mura, a ridosso di una scarpata, sorreggono un piccolo spiazzo da cui si può godere una certa panoramica sulla vallata di Case Alemanno e sul retro della Chiesa di Villamiroglio. Poco più a monte, raggiungibile anche da un doppio stretto sentiero che si imbocca più avanti, seguendo lo sterrato principale verso Varengo, nei pressi di una pozza o, pochi passi oltre, tramite una scala recentemente adibita da volontari degli Alpini, si incontrano altri ruderi murari in pietra e tufo.
Il sentiero che segue le mura è molto stretto e in alcuni tratti disagevole, è consigliata la massima attenzione. Il periodo migliore per godere la massima visibilità dei ruderi è in autunno-inverno, quando la vegetazione è meno florida. (una mappa dettagliata dei sentieri di Bricco Castello è reperibile nelle Mappe.)

Ruderi a Cascina Montagnino

Lungo la costiera del Monte Bric. L’11 novembre 1944 circa 60 tra partigiani della Brigata Garibaldi, assieme a uomini della Monferrato e della Patria, guidati dal Capitano Orlandi (nome di battaglia di Rinaldo Ronco), tesero un agguato ad una colonna nazifascista tra San Giorgio ed Ozzano, che stava conducendo a Casale il bestiame consegnato all’ammasso dai contadini della Valcerrina. Nell’agguato morirono una dozzina di militari, mentre una cinquantina di repubblichini e alcuni, forse 5, soldati tedeschi, tra cui un ufficiale, furono catturati. Il numero dei prigionieri era troppo grande per nasconderli a Cascina Bertola dalla Garibaldi, così furono consegnati a Gabriele (Carlo Cotta) della Brigata Monferrato che li portò a Vallegioliti, dove furono tenuti prigionieri nella più isolata Cascina Montagnino. L’agguato scatenò le ire dei tedeschi, che decretarono un rastrellamento in tutta la Val Cerrina. L’indomani il Colonnello Beker avvisò l’allora vescovo di Casale, Mons. Angrisani, affinché invitasse i partigiani a non opporre resistenza, per scongiurare la distruzione promessa dai tedeschi. Il Vescovo, avuta in prestito una vettura dai fratelli Palli, si diresse in Valcerrina alla ricerca dei capi partigiani, ma i tedeschi non attesero il suo intervento e il 13 novembre scatenarono una rabbiosa rappresaglia nel casalese, condotta da circa 1.000 uomini. A Cantavenna, Moncestino e Gabiano vennero saccheggiate e bruciate decine di case. A Ozzano i rastrellatori catturarono 150 capi famiglia e minacciarono di far saltare l'intero paese. Quello stesso giorno Angrisani incontrò il Capitano Orlandi, che promise che i suoi partigiani si sarebbero spostati e non avrebbero fomentato le rappresaglie. Il 14 novembre il Vescovo riuscì a incontrare i capi delle Brigate Partigiane Monferrato e Patria, per trattare la liberazione dei militari tedeschi, nella casa del parroco di Vallegioliti, Don Acuto, ormai anziano e quasi cieco. I partigiani acconsentirono di liberare i prigionieri in cambio di alcuni loro compagni catturati, e stilarono un accordo. Tale accordo fu consegnato dal Vescovo al comando tedesco, che però lo rifiutò categoricamente e il Vescovo tornò a Vallegioliti, dove, dopo una trattativa difficile e sofferta, alla fine i partigiani si convinsero a rilasciare i militari tedeschi catturati due giorni prima, perché “con quella gente non si può trattare”. Riportata la notizia al comando tedesco, l’indomani il Vescovo in persona, con le dovute precauzioni, fu condotto a Cascina Montagnino dove i militari tedeschi furono consegnati nelle sue mani e riportati a Casale, e i nazifascisti risparmiano la Valcerrina. La cinquantina di prigionieri repubblicani, invece, doveva essere scambiata con alcuni partigiani catturati, ma nell’attesa che si definisse la questione, il Vescovo tornò di propria iniziativa a Vallegioliti il 17 novembre, dove però non poté incontrare i capi della Monferrato perché questi erano già fuggiti il mattino precedente, poiché la zona era soggetta a un intenso rastrellamento. Non si sa quale fu il destino dei soldati repubblichini ancora prigionieri, non sono note testimonianze di un loro eccidio, che avrebbe sicuramente trovato posto nelle cronache dell’epoca, le ipotesi possono essere che furono liberati prima o durante la fuga della Monferrato, o lasciati a Cascina Montagnino da cui scapparono da soli.

Via Bertola

La notte del 31 gennaio 1945 in una cascina in Via Bertola erano rifugiati alcuni partigiani. Tra essi c'era il partigiano Lino Cover, nativo di Pordenone. Sorpresi da un rastrellamento dei soldati tedeschi, Lino impegnò in combattimento da solo i soldati fino all'ultima pallottola, consentendo agli altri partigiani che si nascondevano con lui, e in altre cascine di Villamiroglio, di fuggire. La sua morte è ricordata da una targa posta su un pilastro in un edificio di Via Bertola e da un'altra lapide posta sulla Cappella di S. Vito nella piazza vicina durante dei restauri. Anche la cappella fu protagonista nel periodo della Resistenza, fu infatti usata come santabarbara dai partigiani e come prigione temporanea durante un rastrellamento per un anziano del paese, poi liberato.

Chiesa di San Rocco

A sud-est di Villamiroglio, presso la frazione Rairolo, raggiungibile da Varengo. Dal 1944 vi tenne sede il comando della Brigata Autonoma Partigiana Patria. Sebbene sede di sentite celebrazioni in onore del santo, come ancora ricordato dagli anziani del paese, fu per lungo tempo abbandonata. La proprietà della chiesa e della struttura abitativa adiacente sono state acquistate da un privato, che ne ha iniziato la ristrutturazione. I lavori, attualmente, sono fermi e il sito è di nuovo in stato di abbandono. Facciata alta e stretta con timpano arcuato; vi si legge la data «1715». Esile campanile. Altri luoghi legati alle vicende partigiane sono: la Cappella di S. Vito (vedi nei Segni Devozionali) e la cima di Monte Croce.

Pian dell'Opj

Lungo la strada sterrata tra Monte Croce e Cascina Impariasca. Si dice che i francesi nella seconda metà dell'800 costruirono in quel luogo un ospedale da campo, che solevano chiamare "Saint Jean", ovvero San Giovanni, per via di una edicola posta sul ciglio della strada lì nei pressi dedicata a quel santo. L'edicola fu tempo fa distrutta dalla incauta manovra di un trattore, che ne causò il crollo. Questo luogo forse prende il nome dalla Gens Oppia, che può far supporre una antica presenza romana.